…Nostro padre non era una persona facile, ma era una persona giusta che non ha mai cercato privilegi personali ma solo verità. Era un uomo che ha sempre amato la sua famiglia, che ha sempre cercato di aiutare con discrezione chi gli stava accanto, senza imporre la sua volontà sugli altri. Era un uomo paziente e sereno; le uniche cose che riuscivano a fargli perdere la calma erano l’arroganza, la malafede e soprattutto l’ingiustizia. Non era una persona che accettava compromessi, anche se questa intransigenza, forse a volte esagerata rispetto alla società in cui viviamo, comportava un prezzo da pagare in prima persona. Questa è stata una delle caratteristiche dominanti che ha accompagnato tutto il suo lavoro e determinato le sue scelte di vita.
Carlo ha sempre amato appassionatamente il suo lavoro sin dai primi passi compiuti come geologo impegnato nella costruzione di autostrade, poi con il lavoro per l’acqua di Fiuggi, le consulenze per il Parco Nazionale d’Abruzzo, i lavori per il Bacino del Tevere, la pianificazione delle risorse idriche, gli studi di idrogeologia carsica e di idrogeologia quantitativa. Era coinvolto nell’attività dell’Ordine dei Geologi del Lazio perché riteneva che la professione non fosse ancora sufficientemente riconosciuta e valorizzata. Una serie di impegni che lo ha visto sempre in prima linea sia nella ricerca che nelle applicazioni pratiche della materia che insegnava in Università.
Importanti sono stati per lui gli anni passati in Africa per il Ministero degli Esteri, con la Cooperazione Italiana. Anche in questa circostanza non si è limitato ad insegnare all’Università di Maputo ma ha cercato di fare cose utili per l’Africa piuttosto che promuovere grandi progetti avulsi dalla realtà locale ma che avrebbero potuto portargli benefici personali. Vedeva l’insegnamento in quel paese come un’opportunità di trasmettere importanti conoscenze e di formare geologi mozambicani che in futuro avrebbero potuto collaborare allo sviluppo del loro Paese. Ha inoltre installato molte pompe a mano per l’acqua nei villaggi mozambicani e lesotiani, cambiando certamente in meglio la vita e la salute di molte persone.
Il ritorno in Italia, dovuto anche alla necessità di noi figli di continuare gli studi, gli ha portato gioie ma anche delusioni. A parte lo strettissimo rapporto con mia madre, iniziato quando erano giovanissimi e durato tutta la vita, l’Università è sempre stato il centro della vita di nostro padre. Il luogo dove si sentiva più a suo agio, dove combatteva le sue battaglie, dove cercava di promuovere professionalità e certezze in campo geologico. L’idrogeologia quantitativa, la scelta scomoda di andare a misurare di persona le portate dei fiumi, invece di affidarsi solo a statistiche o a elaborazioni computerizzate, faceva parte di quel personaggio che taluni vedevano come puntiglioso, introverso, altri come irragionevole, ma che è sempre stato amato da chi gli è stato veramente vicino, da chi ha scelto di ascoltarlo e da chi rispettava quei valori etici che lo hanno sempre mosso.
È rimasto deluso per non aver mai ricevuto la cattedra universitaria da ordinario, ma invece di scendere a compromessi che gli avrebbero probabilmente permesso di raggiungere un riconoscimento formale delle sue capacità, ha preferito continuare a lavorare con i suoi numerosi colleghi che rispettava e stimava perché fosse un giorno, il suo lavoro ad essere riconosciuto. Questa giornata è una chiara testimonianza che questo si è verificato, che non è andato perduto l’impegno né di Carlo né di tutti coloro che insieme a lui hanno creduto in questo lavoro. È una testimonianza che il lavoro innovativo, serio, importante alla fine viene riconosciuto.
La nostra speranza è che il lavoro fatto finora sia solo l’inizio di un modo diverso di vedere alcuni aspetti dell’idrogeologia, che su queste fondamenta si possa costruire ancora molto e che a beneficiarne siano sia gli addetti ai lavori che i cittadini, perché saremo tutti noi come utenti ad usufruire dell’ottimizzazione delle risorse idriche. Una delle cose che nostro padre non è riuscito a portare a termine, a causa della quasi improvvisa scomparsa, è il progetto di scrivere un libro che riassumesse tutto il lavoro di una vita. Per questo insieme ad alcuni di coloro con cui Carlo ha lavorato nel corso degli anni, abbiamo deciso di creare un sito web che raccolga il suo lavoro e che possa diventare un forum per coloro che intendono approfondire e sviluppare l’idrogeologia quantitativa. (Intervento di Emanuele Boni, in occasione della Giornata di Studi in memoria di Carlo F. Boni, 18 Aprile 2008 “Analisi Idrogeologica Quantitativa a Scala Regionale”)
Ricordi
…Apriamo questo numero con il ricordo ad un grande uomo che purtroppo non è più con noi: il prof. Carlo Felice Boni, per tutti noi Carlo, padre dell’idrogeologia quantitativa in Italia e Vice Presidente dell’Ordine dei Geologi del Lazio. Per me e per chi lo ha conosciuto, è un momento particolarmente triste. Ho avuto la fortuna di laurearmi, di lavorare con lui per quasi dieci anni e di sedere allo stesso tavolo nel Consiglio dell’Ordine, apprezzandone così le straordinarie qualità di professore, di geologo e di uomo. Una figura che spiccava per la sua schiettezza ed integrità e per le sue indiscusse doti di analisi e risoluzione concreta dei problemi. (Manuela Ruisi, estratto da Professione Geologo n. 15)
…È il 20 giugno e stiamo risalendo la Valle del Cismon verso Passo Rolle con gli studenti di Roma Tre partecipanti al campo di fine biennio; stiamo andando a rilevare attorno alla Sorgente delle Acque Nere, captata dal locale Consorzio degli acquedotti. I ragazzi si dovranno applicare per definire le motivazioni dell’emergenza e riflettere sulla possibile area di alimentazione dei due acquiferi, quello superficiale e quello profondo, meno facile da definire. Mentre parlo a questi giovani ragazzi mi ritornano con forza le immagini di Carlo che si rivolgeva col suo stile animato e incisivo ai giovani della mia generazione e negli anni, a tanti altri. Solo con il tempo ho capito quanto fossero avanzate le sue analisi e rigoroso il suo metodo. Coerentemente con il suo carattere la sua didattica era condotta sulla base di programmi assai concreti, ma se era paziente con gli studenti, era poi irremovibile nelle discussioni con i colleghi idrogeologi e con gli ingegneri, soprattutto quando questi definivano analisi e progetti che prescindevano dalla realtà geologica ed idrogeologica, per non dire dall’analisi sperimentale. Davanti ai miei occhi di ricercatore è ancora viva la sua figura piccola, lo sguardo penetrante che assumeva nei momenti di discussione con gli esperti di Società di gestione, della Cassa per il Mezzogiorno, con i tecnici delle Autorità di bacino, ma soprattutto con i colleghi universitari, me compreso.
Carlo, tra pochi, ha definito, a partire dalla fine degli anni ’60, un tipo di idrogeologia trasferibile alla gestione delle risorse idriche, rendendo quantitativa l’analisi idrogeologica a scala regionale. Sul piano personale io non ho mai avuto con Carlo un rapporto paritario, perché, anche dandogli del tu da decenni, l’ho sempre visto come un maestro, e maestro è stato fino all’ultimo, quando pur prossimo alla pensione, attraverso la didattica del dottorato, ha seguitato ad avviare alla ricerca giovani leve.
Una lampada da tavolo illumina il solo piccolo spazio in grado di ospitare il foglio su cui Carlo sta scrivendo con la matita. Dense spirali di fumo, uscendo dal fornello rendono evanescente la sua figura e a mala pena intravedo le sue labbra che con un caratteristico movimento mi fanno capire che sta riflettendo; nel silenzio la sua immagine scompare tanto più il suo pensiero vive. (Giuseppe Capelli, estratto da Professione Geologo n. 15)
In ricordo di un amico di M. Parotto
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